VIA L'IVA DAI CONVENTI
Non si tratta, ovviamente, dell'ultima defezione di una consorella tentata, come direbbe Paolo Conte, "dall'altro marciapiede", ma dell'ennesimo risvolto di una piega del maxiemendamento con cui il governo ha fatto approvare la Finanziaria. E non si tratta neppure di una confusione tra ICI e IVA: i conventi erano già stati esentati dal pagamento dell'ICI. Pertanto è normale domandarsi quale valore aggiungano mai i conventi, per doverli esentare dal pagamento dell'Imposta sul Valore Aggiunto. Solitamente siamo inclini a pensare che essi sottraggano valore allo stato e ai malcapitati avventori. Invece, pensandoci bene, qualche piccola attività produttiva e commerciale la svolgono: foresterie per pellegrini e turisti, collegi per studenti, produzione di liquori, di dolciumi, di oggetti di artigianato, di agende e ricettari... (la celeberrima Suor Germana, e la sua collega argentina Hermana Bernarda: recarsi in qualche libreria di Buenos Aires per credere)
Forse non è chiara a tutti l'enorme portata economica di questo apparente nuovo favore al clero. Si tratta di un primo, piccolo, ma significativo passo, verso la trasformazione dei conventi in "maquilas": imprese sottratte al diritto del lavoro e alle leggi in materia fiscale del paese ospitante, come avviene in America Latina. La caduta tendenziale delle vocazioni verrà, pertanto, contrastata mediante la trasformazione delle monache in forza lavoro salariata. Prossimamente anche le suore non avranno più nulla da perdere, se non i loro rosari. (a.)