spese legali - liuidazione del giudice e importo effettivo parcella

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lillo1
00giovedì 29 gennaio 2009 14:40
Causa civile che si protrae per anni, fino al grado di appello.
La sentenza di appello condanna la controparte alle spese e liquida le spese in una somma X. La parcella definitiva dell’avvocato dell'ente (siamo in una ipab) è di importo nettamente superiore alla somma liquidata dal giudice. L’avvocato ha fatto la parcella intera all’ente, che poi dovrà recuperare la quota posta a carico della controparte.
La domanda è: l’ente deve pagare la parcella per intero, o solo la parte liquidata dal giudice?
Cioè: la liquidazione delle spese da parte del giudice ha la funzione di stabilire quanto è l’onorario complessivo dell’avvocato, o solo quale parte di esso deve essere posta a carico del soccombente?
Ovviamente l’avvocato sostiene la seconda, dicendo che la liquidazione delle spese legali fatta dal giudice definisce solo ciò che deve essere posto a carico del soccombente, e non rileva nei rapporti tra committente e legale di fiducia.
Naturalmente stiamo parlando di un incarico di patrocinio legale affidato in maniera fiduciaria e senza alcuna quantificazione iniziale della spesa presunta.


Michele Dei Cas
00giovedì 29 gennaio 2009 15:06
Secondo me, ahimé, ha decisamente ragione l'avvocato.
marco panaro
00giovedì 29 gennaio 2009 23:29
Il cliente è sempre obbligato a corrispondere gli onorari e i diritti all'avvocato e al procuratore da lui nominati ed il relativo ammontare viene stabilito dal giudice nei suoi specifici confronti a seguito del procedimento monitorio (articolo 636 c.p.c.) o del procedimento previsto dalla Legge n. 794 del 1942, articoli 28 e 29 senza essere vincolato alla pronuncia sulle spese, da parte del giudice che ha definito la causa cui le stesse si riferiscono (Corte di Cassazione, 19 ottobre 1992 n. 11448; 15 febbraio 1999 n. 1264)

È principio generale quello per cui tra le spese processuali, cui la parte soccombente deve essere condannata a rimborsare al vincitore, certamente rientra anche la somma dovuta da quest'ultimo al proprio difensore a titolo di IVA, costituendo tale imposta una voce accessoria, di natura fiscale, del corrispettivo dovuto per prestazioni professionali relative alla difesa in giudizio (Cass. 24 marzo 2000 n. 3536).

Il giudice liquida le spese sulla base della presentazione, da parte del difensore, della nota spese di cui all'art. 75 delle disposizioni attuative del c.p.c. Il mancato deposito della nota spese non fa venir meno l'obbligo del giudice di pronunciarsi sulle spese.

Il termine per il deposito della nota spese di cui all'art. 75 disp. att. c.p.c., coincide con il passaggio in decisione della causa, ossia: in caso di trattazione della controversia in camera di consiglio, entro il termine previsto per il deposito di brevi repliche (fino a cinque giorni prima dell'udienza); in caso di trattazione della causa in pubblica udienza, entro la fine dell'udienza stessa.

Il giudice può ridurre le richieste contenute nella nota spese purché ne fornisca adeguata motivazione; in tal senso si è nuovamente espressa la Cassazione, con la sentenza dell'1 giugno 2006, n. 13085, statuendo che in tema di liquidazione delle spese processuali il giudice, in presenza di una nota della parte non può limitarsi ad una globale determinazione, in misura inferiore a quelle esposte, ma ha l'onere di dare adeguata motivazione dell'eliminazione o riduzione di voci da lui operata(conformi: Cass. 1 agosto 2002, n. 11483; 30 ottobre 1998, n. 10864).
cicolex
00venerdì 30 gennaio 2009 10:58
Vexata questio
L'argomento è stato recentemente trattato dall'Ordine degli avvocati di Firenze.

E’ stato chiesto quali (ulteriori) somme siano eventualmente dovute, a titolo di spese legali, e in particolare a titolo di diritti di avvocato, dalla parte ingiunta e/o soccombente a seguito dell’emissione di un decreto ingiuntivo (ma la stessa questione si pone anche in conseguenza della pronuncia di sentenza definitiva che contenga la condanna alla spese) in aggiunta alle spese già liquidate nel provvedimento giudiziario.
Il Consiglio dell’Ordine, ha precisato che la questione presenta margini di incertezza, anche perché la giurisprudenza sul punto non è univoca;
Il disposto normativo non è esaustivo, in quanto l’articolo 91 C.p.c., secondo comma, che stabilisce il principio della ripetibilità delle spese successive alla pronuncia della sentenza sembra riferirsi esclusivamente alle spese vive sostenute per determinati incombenti (per esempio registrazione della sentenza).
Secondo un primo orientamento, i diritti per le prestazioni di avvocato successive alla pronuncia della sentenza definitiva e inerenti l’esame della sentenza, la richiesta di copie della stessa, la richiesta di notifica, la registrazione e il ritiro del fascicolo attengono, comunque, al processo di cognizione e, dunque, devono essere liquidati dal Giudice nella sentenza stessa, se pure non ancora effettuate al momento della relativa pronuncia (Sent. Cass. Civ., Sez. Lav. 20 Agosto 1987, n. 6973, che in motivazione richiama Sent. Cass. Civ., 16 Maggio 1981, n. 3220, la quale, peraltro, se si legge la massima, sembrerebbe limitarsi ad affermare che detti diritti attengono al processo di cognizione e non a quello di esecuzione, senza trarre ulteriori conseguenze); corollario di un siffatto principio risulta, ovviamente, il fatto che, qualora detti diritti non vengano liquidati nella sentenza, gli stessi, in difetto di impugnazione sul punto della sentenza medesima, non possano poi essere più richiesti.
Secondo un ulteriore orientamento in caso di emissione di un decreto ingiuntivo e pagamento integrale delle spese indicate nel medesimo, il creditore non può intimare precetto sulla base dello stesso decreto per il pagamento delle spese processuali sostenute dopo l’emissione del decreto e necessarie per la notificazione di questo, dovendo per tali spese esperire l’azione di cognizione ordinaria (Sent. Cass. Civ., Sez. I, 11 Maggio 1995, n. 5159), dal che si ricaverebbe il principio che le spese successive sono sì dovute, ma non possono essere richieste e/o intimate con l’atto di precetto.
Secondo un altro orientamento il precetto, il quale è un atto che precede l’esecuzione, può ben contenere anche l’intimazione delle spese del precetto stesso, senza che occorra quindi una liquidazione da parte del Giudice dell’esecuzione, costituendo tali spese un accessorio di legge alle spese processuali, come quelle di tutti gli atti successivi e conseguenti alla sentenza (notificazione, trascrizione e registrazione della sentenza) ove effettivamente sostenute, con la precisazione che il Giudice che condanni la parte soccombente al pagamento non solo delle spese processuali effettivamente sostenute fino al momento della decisione, ma anche genericamente, a quelle successive conseguenti, in effetti non si pronuncia su una domanda, ma esplicita quell’obbligo conseguenziale, già contenuto nella legge (Sent. Cass. Civ., Sez. III, 29 luglio 2002, n. 11170), dal che si evincerebbe la legittimità della intimazione con l’atto di precetto anche delle spese processuali, diritti inclusi, successive alla pronuncia della sentenza, anche se ancora attinenti al giudizio di cognizione e non propriamente a quello esecutivo.
Sembrerebbe orientata nel senso di ammettere la ripetibilità dei diritti di avvocato concernenti le prestazioni attinenti al processo di cognizione eseguite (necessariamente) in un momento successivo alla pronuncia della sentenza anche Sent. Cass. Civ., Sez. II, 20 Agosto 2002, n. 12270, che peraltro, come nel proseguo meglio precisato, verte principalmente sul fatto che esclude siano dovute, in relazione ad una sentenza definitiva, le voci “consultazioni con il cliente” e “corrispondenza informativa”.
Nello stesso senso risulta orientata una pronuncia della Suprema Corte del 1984, secondo la quale, con riguardo all’esecuzione promossa in forza di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, le spese inerenti e conseguenziali al decreto stesso, ivi comprese quelle relative al provvedimento di concessione della provvisoria esecutività, vanno incluse fra le spese il cui pagamento può essere richiesto con l’atto di precetto (Sent. Cass. Civ., Sez. III, 26 Ottobre 1984, n. 5489).
La pronuncia più recente, che si esprime in termini chiari ed espliciti, reperita sulla materia è una decisione del Giudice di Pace di Bari, secondo cui, richiamando in motivazione le succitate sentenze della Suprema Corte n. 11170/2002 e n. 5489/1984, legittimamente può essere intimato precetto per le spese e competenze del precetto stesso e per quelle relative agli atti successivi e conseguenti ad un provvedimento giudiziale con valenza non meramente endoprocessuale, sia esso una sentenza, un decreto ingiuntivo, o altro tipo di provvedimento, costituendo tali spese e competenze una accessorio di legge alle spese processuali (Giudice di Pace di Bari, 21 Giugno 2006, n. 4530, in Giurisprudenzabarese.it 2006).
Per completezza dell’esposizione si rileva che, secondo la giurisprudenza dei Giudici Amministrativi, le spese ripetibili e successive alla sentenza sono esclusivamente quelle liquidate dal cancelliere con nota a margine della stessa, nonché quelle di notifica della sentenza, del titolo esecutivo e del precetto liquidate dalla notifica della sentenza (cfr. art. 91, secondo comma, C.p.c.) mentre le spese per diritti di procuratore, ove non liquidate, non possono essere ripetibili (Consiglio Stato, Sez. IV, 28 Agosto 2001, n. 4546; Consiglio Stato, Sez. V, 7 Agosto 2001, n. 1099; Consiglio Stato, Sez. IV, 3 Maggio 2001, n. 2490; Consiglio Stato, Sez. IV, 2 Marzo 2001, n. 1171), salvo che il Giudice abbia utilizzato nella sentenza l’espressione “oltre accessori come da tariffa”, nel qual caso sono dovuti per dette prestazioni anche i diritti di avvocato (Consiglio Stato, Sez. IV, 7 Novembre 2001, n. 5725).
Sebbene l’orientamento al quale aderisce questo Consiglio è nel senso che, pur concordando sul principio (anche ai fini della determinazione del valore della pratica) che si tratta di diritti attinenti al processo di cognizione e non a quello di esecuzione, poiché le competenze e le spese liquidate nella sentenza e/o nel decreto ingiuntivo per forza di cose possono riferirsi esclusivamente alle voci concernenti le prestazioni effettivamente eseguite fino al momento della pronuncia del provvedimento giudiziario e che non sarebbe nemmeno possibile per il Giudice liquidare anticipatamente prestazioni non ancora effettuate, anche perché alcune prestazioni potrebbero pure essere evitate (basti pensare all’eventualità che la parte soccombente paghi immediatamente, ricevuta la notizia del provvedimento e/o presti acquiescenza, il che esimerebbe il creditore dal chiedere le copie e la notifica del provvedimento stesso), siano dovute dalla parte soccombente e/o ingiunta (anche) le spese vive e i diritti di avvocato relativi a prestazioni svolte successivamente alla emissione del provvedimento giudiziario.
In particolare, si ritiene che siano, quindi, dovuti, a titolo esemplificativo, i diritti di avvocato e le spese vive relative alla voci “disamina sentenza (o decreto ingiuntivo), “richiesta registrazione”, “richiesta copie”, “richiesta notifica” e “ritiro fascicolo”, oltre, sui diritti di avvocato, il rimborso delle spese generali ex art. 14 della tariffa giudiziale forense.
Come già sopra accennato, non sono, invece, ripetibili nei confronti della parte soccombente i diritti concernenti le voci tariffarie n. 20 (consultazioni con il cliente) e n. 21 (corrispondenza informativa del cliente) di cui alla Tabella B (diritti di avvocato) della tariffa giudiziale forense in relazione del decreto ingiuntivo e/o alla sentenza definitiva (e, quindi, in aggiunta a quelli già riconosciuti per il procedimento definito con uno di tali provvedimenti), in quanto la precisazione contenuta in detta tariffa, secondo cui i diritti in questione sono dovuti anche dopo ogni sentenza non definitiva e dopo ogni ordinanza collegiale si fonda sul presupposto che si apra una nuova fase del procedimento e non è applicabile al caso (opposto) in cui il procedimento stesso sia invece definito (in questo senso Sent. Cass. Civ., Sez. II, 20 Agosto 2002, n. 12270).
Applicando i suindicati principi alla fattispecie che Lei ha sottoposto al nostro esame, il conteggio da Lei inviato a controparte, ad avviso di questo Consiglio dell’Ordine, è corretto, purché, ovviamente i diritti ivi indicati si riferiscano a prestazioni professionali svolte effettivamente dopo l’emissione del decreto ingiuntivo e salvo che per l’indicazione delle voci “corrispondenza” e “consultazioni”, nonché per la relativa quota di spese generali, le quali dovranno essere espunte dal conteggio stesso.
cicolex
00venerdì 30 gennaio 2009 11:05
Re:
marco panaro, 29/01/2009 23.29:

La fonte primaria del diritto è il buon senso (Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, sentenza 4 luglio 2008, n. 595)



Bellissima, mi era sfuggita [SM=g27827]

lillo1
00venerdì 30 gennaio 2009 11:21
ehi cico.

bentornato...

il discorso sugli onorari per gli avvocati ti ha "stuzzicato"?

grazie, cmq, interessante la cosa che hai postato. riferirò a chi mi ha posto il quesito.

cicolex
00venerdì 30 gennaio 2009 11:38
Per quanto mi concerne non ho mai chiesto nulla in più di quanto stabilito in sentenza, se non le spese ulteriori quali ad esempio la registrazione della sentenza.

Talvolta però capita ci siano in sentenza delle riduzioni delle parcelle veramente inspiegabili....come capita che ci siano delle parcelle altrettanto inspiegabili [SM=g27816]

Ciao a tutti [SM=g27822]
lillo1
00venerdì 30 gennaio 2009 11:48
Re:
cicolex, 30/01/2009 11.38:




Talvolta però capita ci siano in sentenza delle riduzioni delle parcelle veramente inspiegabili....come capita che ci siano delle parcelle altrettanto inspiegabili [SM=g27816]

Ciao a tutti [SM=g27822]





verissimo!
nel caso di specie, vale la seconda.
37 mila euro di parcella per la difesa dell'ente in una azione possessoria... vero è che si è arrivati in appello, ma mi pare un po' eccessiva....


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