garanzia dell’irriducibilità della retribuzione

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marco panaro
00sabato 11 marzo 2006 16:19
Cassazione Sezione Lavoro n. 3050 del 13 febbraio 2006, Pres. Sciarelli, Rel. Cuoco

Il giornalista Torello B., dipendente dell’ANSA è stato preposto nel 1982, con la qualifica di capo servizio, all’ufficio regionale di L’Aquila, con un trattamento economico comprendente, tra l’altro, un compenso forfettario mensile per mancato godimento della “settimana corta”. Sin quanto è rimasto a L’Aquila egli non ha fruito della “settimana corta” ed ha percepito la relativa indennità. Nel 1986 egli è stato trasferito nella capitale, presso la redazione Roma e Lazio, dove ha lavorato sino al 1991 con orario settimanale distribuito su cinque giorni e pertanto con la fruizione della “settimana corta”. Nonostante ciò l’azienda ha continuato a corrispondergli, sino al 1991 l’indennità per mancata fruizione della “settimana corta”. Nell’ottobre 1991 egli è stato destinato alla redazione centrale per l’estero dove ha continuato a lavorare con orario distribuito su cinque giorni. Da quando ha preso servizio presso la redazione centrale per l’estero l’azienda ha cessato di corrispondergli l’indennità per mancata fruizione della “settimana corta”. Nel dicembre 1992 Torello B. ha chiesto al Pretore di Roma di riconoscere il suo diritto di continuare a percepire l’indennità per mancata fruizione della settimana corta, sostenendo che essa era divenuta un elemento irriducibile della retribuzione in quanto nel periodo al 1986 al 1991 l’azienda aveva continuato a corrispondergliela, nonostante che egli fruisse della settimana corta. Il Pretore ha rigettato la domanda, ma la sua decisione è stata riformata, in grado di appello, dal Tribunale di Roma che ha affermato il diritto del giornalista di continuare a percepire l’indennità nel periodo successivo all’ottobre 1991. L’ANSA ha proposto ricorso per cassazione censurando la decisione del Tribunale di Roma per vizi di motivazione e violazione di legge.

La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 3050 del 13 febbraio 2006, Pres. Sciarelli, Rel. Cuoco) ha rigettato il ricorso. E’ principio giurisprudenziale quale specificazione dell’art. 2103 primo comma prima parte cod. civ. – ha affermato la Corte – che la garanzia dell’irriducibilità della retribuzione riguarda le indennità corrisposte in considerazione delle qualità professionali intrinseche alle mansioni del lavoratore, e non si estende alle indennità erogate in ragione di particolari modalità della prestazione lavorativa, le quali possono essere soppresse allorché vengono meno le specifiche situazioni che le abbiano generate. Ha natura retributiva qualsiasi compenso corrisposto in modo continuativo ed in rapporto sinallagmatico con la prestazione. Nell’ipotesi di mutamento delle mansioni e di cessazione dell’attività in funzione della quale era erogata una particolare indennità, questa, ove non attenga a qualità professionali del lavoratore, bensì ad estrinseche modalità della prestazione, ben può essere soppressa. Ove, pur con la cessazione di questa attività e pertanto della ragione che giustificava la corresponsione dell’indennità, l’erogazione permane, il relativo importo, divenendo compenso corrisposto in modo continuativo ed in rapporto sinallagmatico con la così ridotta prestazione, diventa retribuzione indipendente dalle cessate estrinseche modalità della prestazione stessa. Assumendo questa connessione, il predetto compenso resta coinvolto nella parte irriducibile della retribuzione.
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