temo che non c'entri nulla...cmq inserisco...
Come è noto, il vincolo di destinazione di un’area alla utilizzazione pubblica, in un piano regolatore generale o in un programma di fabbricazione è un vincolo temporaneo, secondo quanto dispone l’art. 2 della legge n. 1187 del 1968 e succ. mod., destinato a decadere se, nel termine di cinque anni, le opere, alla cui realizzazione è diretto, non sono state eseguite ovvero non siano stati adottati, nello stesso termine, gli strumenti di pianificazione secondaria attuativi della destinazione pubblica dell’area.
Alla scadenza del quinquennio, il Comune è tenuto obbligatoriamente ad operare una scelta, alla quale può anche essere forzato dai privati proprietari che intendono sfruttare i propri diritti dominicali, tra il rinnovo del vincolo preesistente, se ritiene che persista un prevalente e motivato interesse pubblico al suo mantenimento (prevedendo, peraltro, un indennizzo per i privati proprietari: Corte Cost. 20.5.1999, n. 179), ovvero la fissazione di un diverso regime dell’area di cui trattasi.
Il Comune di Ruffano, con l’art. 28, disponendo che, in caso di decadenza, l’area oggetto della presente controversia acquistasse la destinazione a zona agricola, si è sottratto a tale scelta e, di conseguenza, ha violato l’obbligo, implicito nel citato art. 2 della legge n. 1187 del 1068, di riconsiderare ex novo, alla scadenza del quinquennio dalla imposizione del vincolo, il regime urbanistico da assegnare all’area.
La temporaneità del vincolo, come si è già rilevato, comporta che l’ente preposto al governo del territorio debba nuovamente valutare, stante il tempo trascorso, che può averne modificato la stima originaria, l’interesse alla utilizzazione pubblica dell’area in comparazione con i concorrenti interessi dei proprietari tesi alla utilizzazione dell’area a scopi privati.
La disposizione in esame, inoltre, non risponde neppure a criteri di ordinaria ragionevolezza, non potendosi impostare la pianificazione urbanistica, prevedendo che un’area, nel suo assetto definitivo, possa alternativamente, e quindi indifferentemente, essere sede di opere di urbanizzazione secondaria a servizio di una zona residenziale (scuole, mercati, chiese, impianti sportivi, ecc) se ed in quanto tali opere verranno realizzate oppure essere sede di coltivazioni agricole.
La disposizione in parola, poi, sotto altro profilo, finisce in sostanza con il perpetuare,surrettiziamente e sine die, il preesistente vincolo di inedificabilità, in quanto la ubicazione dell’area di cui trattasi nel pieno del centro abitato la rende di fatto inutilizzabile per i proprietari, stanti i noti e ristretti limiti soggettivi ed oggettivi che caratterizzano l’uso dei suoli ubicati nelle zone qualificate come agricole.
Quanto precede senza dire che la ubicazione dell’area alla quale si è ora accennato (oltre che la stessa prima destinazione ad opere di urbanizzazione secondaria assegnatale dal Comune) rende evidente che essa è priva di quella vocazione agricola che costituisce il presupposto indefettibile per una conforme qualificazione giuridica.
In conclusione, l’appello in epigrafe deve essere accolto e, in riforma della sentenza appellata, deve essere annullato l’art. 28 delle Norme di Attuazione del Programma di fabbricazione impugnato con il ricorso di primo grado, salve, ovviamente, le ulteriori determinazioni del Comune di Ruffano.
(Consiglio di stato, sez. V, n. 988/2003)