Un "Safari" tra le luci e ombre di Jovanotti

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!Serenella!
00lunedì 10 marzo 2008 17:25
Premetto che Lorenzo "Jovanotti" Cherubini è stato uno degli amori della mia adolescenza, il classico idolo di cui ti trascrivi i testi sul diario, compri i biglietti dei concerti con mesi di anticipo e sogni di incontrare al bar sotto casa per scambiare due chiacchiere da buoni amici. Una fase della vita che si è attenuata fortunatamente prima di intervistarlo la prima volta, rendendo questa una piacevole esperienza e non un tremolio di gambe magari accompagnato da balbuzie come pochi anni prima sarebbe potuto succedere.
L'uomo che mi si è presentato di fronte allora e quello che ritrovo in questo nuovo album Safari è profondamente interessante. Sarà per la sua personalità così evidentemente definita che sembra non lasciare dubbi sulla quantità di idee e pensieri prodotti dalla sua mente che, con la stessa intensità, riversa in questo nuovo album. Musica e parole vivono distintamente momenti di grande carattere: è un disco carico di parole e di suoni prodotti da strumenti comuni e non, che ricordano la capacità di Lorenzo di essere sempre alla ricerca di nuove esperienze, che sia un viaggio in una terra sconosciuta o la melodia prodotta da uno strano oggetto.
Ho trovato delle belle immagini nei testi, delle emozioni ben tradotte che sono fondamentali, secondo me, per creare empatia tra l'artista e il pubblico. Frasi che colpiscono come " un cartello di 6 metri dice è tutto intorno a te ma ti guardi intorno e invece non c'è niente" o "l'unico pericolo che sento veramente è quello di non riuscire più a sentire niente" da Fango (impreziosita dalla chitarra di Ben Harper) e ancora "se hai imparato a contare fino a sette vuol mica dire che l'otto non può esserci" da Temporale. Grande spazio ai fiati più o meno in tutto l'album ma anche ad accostamenti inconsueti come quello tra la fisarmonica, la drumbeat e il piano contenuto in Dove Ho Visto Te. In orbita viene servita come fosse un piatto misto di cucina internazionale in cui sapori e odori di terre diverse si confondono e si mescolano a un sax, un oboe, una tuba e un arpa cinese.
La title track è una vera e propria giungla di suoni, che ricorda l'energia de L'ombelico del mondo in versione moderna con le chitarre al posto delle percussioni. Un featuring, quello con Giuliano Sangiorgi che arriva dopo quasi 3 minuti di canzoni ed è veloce, indolore ma soprattutto mette il falsetto di Giuliano a servizio del rap, cosa abbastanza inconsueta, per terminare poi con una coda che lascia altrettanto stupiti. Non potevano mancare le ballate d'amore come A te, Come Musica, e Innamorato che portano le donne a chiedersi "ma possibile che quest'uomo sia così perfetto? Bello, bravo e romantico??!!"
In Punto, si parla ancora d'amore con un sottofondo bossanova, insieme a chi di questo genere veramente se ne intende, Sergio Mendes, per poi passare a un Lorenzo fattucchiere che elenca gli ingredienti per il suo Antidolorificomagnifico: ognuno di noi dovrebbe imparare a prepararlo cosi come fa lui, unendo elementi ed emozioni della propria vita. Ultima collaborazione illustre quella con Michael Franti in Mani Libere, una danza hippie in cui viene espressa tutta l'incertezza di un uomo che non smette mai di farsi domande anche se molto spesso, vista la quantità, non riesce a trovare una risposta e nonostante ciò si sente in profonda unione con tutto ciò che lo circonda.
Questo è Safari, questo è Lorenzo Cherubini nel 2008, 20 anni dopo il suo esordio è ancora qui ad attirare la nostra attenzione. Un uomo che, dietro i suoi grandi sorrisi e la sua disponibilità di apertura verso il pubblico, conserva una parte di sé che rimane misteriosa, forse una forma di difesa che è la chiave per sopravvivere ad alto livello tutti questi anni nel difficile mondo della musica. Fonte
Carolina Di Domenico
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