Siamo figli delle scimmie. O forse no?

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BeatAurora
00domenica 21 maggio 2006 03:39

Ormai da anni avete notato una inquietante somiglianza tra il vostro capo ufficio e uno scimpanzé? Ebbene, sappiate che potrebbe non essere solo suggestione causata da un mancato aumento di stipendio (o dalle sue folte soppracciglia)…
Un gruppo di ricercatori dell'Harvard Medical School di Boston (USA), guidati da David Reich, ha infatti confrontato le sequenze genetiche dell'uomo con quelle degli scimpanzé, i nostri cugini più prossimi dal punto di vista evolutivo, arrivando alla conclusione che la separazione tra le due specie sia molto più recente di quanto si è ritenuto fino ad oggi.
Mamme col pelo. Reich ha inoltre proposto una controversa teoria secondo la quale la divisione tra uomo e scimmia non sarebbe stata netta e improvvisa, ma piuttosto lenta e diluita nel tempo, e accompagnata da frequenti contaminazioni tra le due specie.
Fino ad oggi si è sempre ritenuto che il distaccamento (in gergo, lo split) tra uomo e scimmia fosse avvenuto circa 7 milioni di anni fa, ma alla luce dei nuovi studi, Reich lo ha attribuito a un periodo non antecedente i 5,4 milioni di anni fa.
Il pianeta delle scimmie. La comparazione del DNA di uomini, scimpanzé e altri primati ha permesso ai ricercatori di capire in quale momento della storia evolutiva è iniziata la differenziazione tra le diverse specie, e ha consentito di stimare in almeno un milione di anni il periodo di contaminazione tra specie diverse. Reich ha concentrato le proprie ricerche sul cromosoma X che, tra le varie funzioni, ha quella di controllare la fertilità. Specie diverse in grado di unirsi tra loro e procreare devono avere cromosomi X assai simili tra loro, e la selezione naturale dovrebbe impedire una loro diversificazione, almeno per tutta la durata del periodo di ibridazione
Misteri evolutivi. Ma se questi soggetti ibridi, frutto dell'unione di specie diverse, sono realmente esistiti, o si sono estinti, o sono i più recenti progenitori sia dell'uomo che dello scimpanzé, che tra loro hanno in comune il 98% del patrimonio genetico. I ritrovamenti fossili sembrano confermare la seconda di queste due ipotesi, ma solo ulteriori studi e ricerche sia in campo genetico che archeologico potranno risolvere questo intricato dilemma.


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