Il destino della barriera corallina

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lella84
00domenica 11 febbraio 2007 16:16
Nel rapporto sul clima delle Nazioni Unite si dice che la barriera corallina australiana potrebbe scomparire nei prossimi 70 anni. Gli scienziati tempono che questo annuncio si trasformi in una condanna a morte: "è già spacciata, per cui perché dovremmo preoccuparci di danneggiarla?"

John Pandolfi, del Centro Studi Marini dell'università del Queensland - Australia - ha fatto notare come la pesca insostenibile e l'inquinamento siano pericoli ben più imminenti e gravi del riscaldamento globale.

La morte della barriera potrebbe causare la scomparsa anche dei pesci e degli invertebrati che vivono lì: il fenomeno di distruzione è dovuto all'aumento della temperatura dell'acqua ed alle piogge acide. Per due anni i ricercatori hanno studiato gli effetti del surriscaldamento su gli oltre 2300 chilometri di barriera.
Lo studio assegnato dalla commissione del dipartimento del turismo del Queensland e dal WWF è del tutto pessimistico; difatti per bloccare il processo di surriscaldamento dei mari occorrerebbero decenni e intanto, con il continuo innalzarsi della temperatura, la barriera si ridurrà di almeno il 5% entro la metà del secolo.
La previsione più ottimistica si basa sull'innalzamento di 1 solo grado centigrado.



I ricercatori hanno anche sottolineato che "non vi sono prove che i coralli possano adattarsi abbastanza velocemente da affrontare anche un aumento più lieve della temperatura".
Il danno stimato è allarmante: oltre alla morte degli organismi che vivono in barriera o attaccati ad essa, l'economia e il settore turistico crollerebbero.

La grande barriera corallina è una particolare struttura di rocce calcaree di origine biologica, formata da 2900 barriere singole collegate tra loro, su un totale di 900 isole, per un’area di 345000 chilometri quadrati, e 2300 km di lunghezza su cui vivono circa 1500 specie di pesci e 3400 specie di coralli, senza contare le innumerevoli alghe e uccelli marini compresi nell’ecosistema.

La troviamo nella costa nord-orientale dell'Australia e si spinge fino nel golfo di Papua.
E’ un ecosistema fragile ma al tempo stesso autosostentante, poiché si sviluppa in acque povere di risorse, e trova la sua essenza vitale in batteri che vivono all’interno dei coralli e delle madrepore: sono quindi ecosistemi delicati e normalmente minacciate dall'uomo, con la pesca a strascico, l'uso del veleno per stordire i pesce e la raccolta destinata alll'acquariofilia.

Il sintomo dovuto al riscaldamento vede uno sbiancamento dei coralli, fenomeno distruttivo che colpisce la simbiosi (stretta relazione) tra i polipi (animali che formano le madrepore) del corallo e le alghe unicellulari che producono i nutrienti utili a tutto il sistema.
Lo sbiancamento è dovuto anche all'irraggiamento solare, a cambiamenti nella composizione chimica dell'acqua soprattutto alla variazione di salinità, al cambiamento delle correnti e alle malattie del corallo stesso. Questo danneggiamento può però essere reversibile se dura pochi giorni.
Il corallo morto viene poi subito attaccato dalla fauna ittica e sgretolato andando a innalzare il livello base della barriera lasciando un deserto dove prima c’era un’oasi.

www.ecoblog.it/post/2774/il-destino-della-barriera-corallina
xvalentino
00lunedì 12 febbraio 2007 10:44

io sono pessimista e tutto questo accadrà tutto molto prima di 70 anni...

che tristezza..... [SM=g27812]
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