I dieci problemi delle ferrovie italiane

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Münchner.Fax
00mercoledì 7 novembre 2007 14:30
Se avete un'oretta di tempo libero, leggete questo brillante articolo di Giorgio Stagni, un noto appassionato di ferrovie con le mani in pasta ("lavora presso l'ufficio del Servizio Ferroviario della Regione Lombardia"). La gestione da terzo mondo delle ferrovie da parte di RFI-Trenitalia è messa scientificamente alla berlina, con un linguaggio perfettamente comprensibile anche ai digiuni di tecnica ferroviaria.
Dopo la lettura, viene davvero da sorridere a pensare che in Italia ci scanniamo su Tav sì, Tav no, terzi e quarti valici e invece non si attuano le più elementari migliorie infrastrutturali a ciò che già abbiamo, anzi si tolgono binari, scambi e treni... ma leggete, leggete. [SM=g27996]
cliobini
00mercoledì 7 novembre 2007 14:54
Tanto di cappello alla signorina che si guida il suo treno pure alla domenica.
titoit
00mercoledì 7 novembre 2007 22:42
Davvero un'opera ciclopica questa di Stagno. Non trascura proprio nulla, mettendo il dito nella piaga delle ferrovie italiane.
Quello che mi piace di questo "trattato" che ho letto solo sommariamente, per ora, è che si sofferma non solo sui massimi sistemi (e sprechi) come le nuove linee AV, l'impiantistica dei rotabili, l'infrastruttura, ma anche sulle piccole (ma grandi se moltiplicate per tutta Italia) stupidaggini e assurdità della nostra rete.
Interessantissima è la parte sulla mancanza di strategia e sull'abbandono dei treni locali e regionali.

W la signorina della Ferrovia del Monte Generoso!!!
cliobini
00lunedì 21 gennaio 2008 09:34
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Articolo

99 biglietti diversi?!?!?!?
[SM=x1405314]
Robyk65
00lunedì 21 novembre 2011 10:53
www.corriere.it/cronache/11_novembre_21/quei-34-minuti-in-piu-per-arrivare-al-sud-sergio-rizzo_287e6a04-1412-11e1-ab68-9c5b3cac95...

Quei 34 minuti in più per arrivare al Sud
Il ritardo accumulato dal 1975 sul Roma-Palermo. Dal Pil al lavoro, cresce il divario dal Nord

ROMA - C'è un numero che da solo dice quanto il Sud sia andato indietro. Il numero è 34: i minuti che oggi impiega in più il treno per coprire la distanza fra Roma e Palermo rispetto al 1975. Trentasei anni fa bastavano (si fa per dire) 10 ore e 26 minuti. Adesso di ore ce ne vogliono almeno 11. Quasi quattro volte più del tempo che ci vuole per andare da Roma a Milano.

Quel numeretto è la sintesi di decenni di illusioni, sprechi, politiche clientelari, incapacità e collusioni di una classe politica decisamente più interessata al proprio profitto che alla soluzione dell'atavico problema di un Paese a due velocità. Un andazzo non certamente migliorato nel nuovo millennio dominato dai governi a trazione leghista, come stanno a dimostrare i dati sconvolgenti contenuti nell'ultimo rapporto sul Mezzogiorno dell'ufficio studi di Confartigianato.

Nel 1998 il Prodotto interno lordo procapite dell'Italia meridionale era superiore dell'88,7% alla media delle 20 regioni europee più povere? Ebbene, oggi quella differenza si è ridotta al 13,8%. Perché mentre il nostro Sud cresceva in dieci anni al ritmo del 29%, nei territori più derelitti del continente il Pil procapite aumentava del 114%. Sempre nel 2008, anno che ha segnato almeno in Europa l'inizio della grande crisi, la ricchezza individualmente prodotta nel Mezzogiorno risultava inferiore a quella di sette regioni spagnole, quattro greche, tre portoghesi, una rumena e una polacca. Al di sotto anche del Pil procapite della Repubblica Slovacca e di Malta.

Durante la recessione, fra il 2008 e il 2011, il Sud ha perduto 329 mila posti di lavoro, più del doppio rispetto ai 158 mila del Centro Nord. Non può dunque meravigliare che la Campania sia fra le 271 Regioni europee quella con il minore tasso di occupazione: lavora appena il 39,9% delle persone di età compresa fra 15 e 64 anni. E subito dopo ci sono Calabria e Sicilia, che precedono nell'ordine, in questa poco edificante graduatoria, l'isola francese di Réunion nell'Oceano indiano, la Puglia e la Guyana.

Per un soffio, poi, la Martinica batte in una seconda deprimente classifica la nostra Calabria. Dove il tasso di occupazione giovanile non supera il 10,7%, contro il 10,6% della piccola colonia francese. In Calabria, insomma, lavora un giovane su nove. E non va particolarmente meglio in Basilicata e Campania, se consideriamo che in queste due Regioni soltanto un giovane su otto è occupato. La Campania è la Regione meridionale dove la situazione è forse più preoccupante. Qui il tasso di attività femminile, che in Italia è fra i più modesti dell'Unione europea, è del 31,1%. Decisamente al di sotto di Sicilia (34,7%), Calabria (35,1%), Puglia (35,3%) e Basilicata (41,8%). Da notare che queste cinque Regioni del Sud Italia sono in Europa quelle con meno donne occupate. La Campania detiene poi un altro poco invidiabile primato: il numero dei maschi inattivi. Persone di età compresa fra 25 e 54 anni non più in età scolare ma non ancora in età per la pensione, che non lavorano. In Italia sono 872 mila: più di un terzo dei quali, 294 mila, nella sola Campania. In tutto il Nord non superano i 326 mila.

Va detto tuttavia che queste cifre non tengono conto di un sommerso doppio rispetto al Centro Nord. La quota di lavoro irregolare al Sud è al 18,9 contro il 9,7% della media nazionale. Secondo le stime il numero di lavoratori in nero (o in grigio) supererebbe perfino quello dei dipendenti pubblici: un milione 241 mila contro un milione 163 mila. Il settore pubblico nel Mezzogiorno assorbe il 23,9% degli occupati, contro il 16,1% del resto d'Italia.

A una inattività soltanto ufficialmente vertiginosa è associato un livello di assistenzialismo crescente, che certo non si può definire fisiologico. Le pensioni di invalidità, che nel 2003 erano 796.103, hanno raggiunto alla fine del 2010 un milione 199.593: ce ne sono 5,8 per ogni cento abitanti. Il loro numero, sottolinea il rapporto della Confartigianato, è addirittura superiore a quello «degli imprenditori e lavoratori in proprio, pari a un milione 192.000».

Una presenza pubblica tanto pesante e invasiva non produce però servizi migliori e più efficienti. Ne sanno qualcosa le imprese, che devono sopportare costi burocratici enormi (il tempo medio per avviare un'attività qui è più lungo di un terzo) e ritardi astronomici nei pagamenti: le aziende sanitarie meridionali onorano i propri impegni mediamente in 425 giorni, a fronte di 193 giorni nel Centro Nord. In Calabria si arriva a 809 giorni. Nel Mezzogiorno l'indice della «qualità della vita dell'impresa» elaborato dalla Confartigianato sulla base di 42 parametri che vanno dal mercato del lavoro ai servizi pubblici locali mostra condizioni decisamente peggiori. La maglia nera spetta alla provincia di Crotone, ma nelle ultime dieci posizioni di questa particolare lista troviamo altre dieci province del Sud: Catanzaro, Taranto, Benevento, Catania, Carbonia Iglesias, Cosenza, Napoli, Vibo Valentia e Caserta.

Ma ne sanno qualcosa, dello stato dei servizi pubblici, anche i cittadini. Come dimostra un lunghissimo elenco di indicatori contenuto nello studio della Confartigianato. Al Sud i pensionati costretti a lunghe code alla posta per ritirare ogni mese i loro soldi sono il 68,2%, contro il 39,1% nel Centro Nord. I cittadini in coda alle Asl sono invece il 58%, a fronte del 42,3%. Le interruzioni di elettricità senza preavviso sono più del doppio che nel resto d'Italia. Le irregolarità nella distribuzione dell'acqua, il triplo. La raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani è al 19,1%, meno della metà del Centro Nord, dove tocca il 40,4%, e con tariffe più alte del 20%. Gli studenti quindicenni «con elevate competenze in lettura» sono il 17,5%, rispetto al 31,9% rilevato nelle altre Regioni. Il tasso di abbandono degli studi universitari raggiunge il 22,3%, 6,1 punti in più. Il cosiddetto «indice di attrattività» dell'università, del resto, è fortemente negativo: -21,1%. I bambini che hanno accesso ai servizi per l'infanzia sono il 4,8%, contro il 16,8% nel Centro Nord. Una causa di lavoro dura in media 1.031 giorni per il solo primo grado di giudizio, a fronte di 521 giorni nella parte rimanente del Paese. I contenziosi civili sono 1.279 ogni 100 mila abitanti, il triplo rispetto al Centro Nord: il record ce l'ha il giudice di pace della Campania, che deve far fronte a 80,9 ricorsi per ogni 1000 abitanti, tre volte in più del dato nazionale. Per non parlare dello stato delle infrastrutture. La dotazione del Mezzogiorno è l'80% di quella media italiana, già decisamente carente.

Logica ma triste conseguenza di questa situazione è che la gente se ne vada via. Se dal 2000 al 2010 la popolazione del Mezzogiorno è aumentata di 285 mila unità, le proiezioni demografiche dicono che entro il 2030 il Sud perderà 956 mila residenti, con una flessione del 4,6% che riporterà il numero degli abitanti al di sotto della fatidica soglia dei 20 milioni.

Sergio Rizzo - 21 novembre 2011
© RIPRODUZIONE RISERVATA
papupi
00lunedì 21 novembre 2011 12:28
[SM=g27994]
lordtiranus
00lunedì 2 settembre 2013 08:55
Non volevo aprire un nuovo topic, per qui scrivo questa storia, che secondo me ha del ridicolo, qui.

In questo weekend sono andato a Bard (Aosta) per la rievocazione dello storico assedio delle truppe di Napoleone nel 1800. Per tutti gli amanti della storia, ma anche per ricordare una pagina importante di storia italiana, l'assedio del Forte di Bard rappresenta l'incredibile resistenza di un manipolo di soldati (circa 400) austro-piemontesi contro l'immensa Armée de Réserve, capaci di arrestare per quasi due settimane l'avanzata dei francesi. Questa rievocazione, con molti eventi nel forte e nel borgo, ha richiamato quasi 10 mila visitatori.

Bene. Bard, insieme al paese di Hône, ha una piccola stazione sulla linea Torino - Ivrea - Aosta sulla quale transita circa un treno l'ora. Il problema è che nella stazione di Bard se ne fermano si e no, per servizio passeggeri (infatti per precedenze di fermano quasi tutti), 5 o 6 al dì.

Sul sito del Forte era possibile visionare tutte le navette, che dai parcheggi allestiti nei dintorni di Bard, conducevano praticamente all'ingresso, mentre il treno non veniva minimamente menzionato.
La mia domanda è: quanti di quei 10 mila visitatori venivano da località servite dalla linea TO-Ao? Quanti avrebbero potuto lasciare l'auto a casa e servirsi del treno, se quei geni di TI avessero fatto fermate supplementari alla stazione di Bard?

Ecco secondo me un esempio dello scempio delle ferrovie italiane, per altro in una regione, il Piemonte, che quando parla di TAV si dice molto a favore del servizio ferroviario, il non accorgersi delle occasioni. Magari sarebbe costato un po' in pubblicità, in sosta dei treni ma ne avrebbero sicuramente guadagnato in ritorno d'immagine e IMO anche con i biglietti venduti.
Magari per l'anno prossimo ci pensano...
[SM=x1710462]
Trammax
00lunedì 2 settembre 2013 13:04
Magari l'anno prossimo (ma non vorrei gufare sennò qualcuno può pensare che io sia mugugnone & menagramo [SM=g27988] ) avranno chiuso la stazione perchè da quelle parti le linee o le chiudono o le "velocizzano" eliminando gran parte delle fermate intermedie (vedi linea di Tenda): per poi magari constatare che il traffico passegeri è scemato (ma va?)e prendere questo a pretesto per una sopressione [SM=g27996]

Di la verità, tu sei andato a far ribotta con "merenda sinoira" e butte di vino, altro che rievocazione storica.... [SM=g11770]
lordtiranus
00lunedì 2 settembre 2013 13:58
Beh già ora non è che sia proprio una gran stazione, il vecchio fabbricato viaggiatori è diventato ostello (dove pernottavo io) e la sala d'attesa è in un casottino di fianco: niente rivendita di biglietti, niente orari appesi, niente obliteratrice.
E il binario di precedenza è quasi completamente avvolto dall'erba.

Per il resto si, mi sono difeso con pane nero, lardo e miele locale, mocette e vinelli di Donnas. Sai che Bartaletti sarebbe orgoglioso di me quando vado in montagna [SM=g27988]
titoit
00lunedì 2 settembre 2013 16:44
Ecco un esempio della situazione disastrosa e assurda dell’Italia.

Io sono appena stato in una Regione (provincia) autonoma, l’Alto Adige che usufruisce di molti finanziamenti statali, ma, avendo a cuore e investendo nelle ferrovie, ha un servizio impeccabile e che viene mantenuto, anzi implementato nei periodi festivi per invogliare i turisti ad usare treno e bus.

La Valle d’Aosta, che pure è Regione autonoma e potrebbe usufruire degli stessi finanziamenti, ha un servizio ferroviario penoso [SM=g27996] [SM=g27996] .
La colpa è di Trenitalia? Certo, ma non del tutto…che mi dite della dissennata gestione regionale del trasporto ferroviario [SM=g27993] ?

Della scarsa sensibilità degli amministratori locali a considerare le linee ferroviarie secondarie a vantaggio delle piccole lobby locali dei gestori di corriere [SM=x1177057] ? Occorrerebbero dei parametri standard nazionali a livello di gestione del TPL soprattutto su ferro, ma nell’anarchia attuale tutto ciò è pura utopia.
lordtiranus
00martedì 3 settembre 2013 08:12
Io spero che, con la riorganizzazione del nodo torinese da parte del progetto SFM si possa quanto meno estendere l'attuale linea 2 fino ad Ivrea (ora si ferma a Chivasso), magari funziona da volano per potenziare questa linea valdostana.

Anche se nel tratto Chivasso-Aosta non è che il servizio in termini di orari sia scadentissimo, solo che molte fermate intermedie stanno chiudendo, l'ultima mi pare sia stata Quincinetto nel 2009 o 2010...
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