I Profeti esistono ancora ???

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Topsy
00domenica 19 dicembre 2004 18:43
Ho aperto questo nuovo 3d sul "profetismo" presso l'ebraismo,in cui inserire le nostre considerazioni,a riguardo.Intendevo illustrare quale importanza abbiano avuto i profeti nella storia di Israele,quale fosse il loro compito, e la funzione assegnata alla profezia.
Un salutone.




In che cosa consiste l'originario ufficio profetico dell'antico Israele?

Mosè è considerato il più grande dei "profeti",il profeta per eccellenza,da cui Israele ha ricevuto la rivelazione del Sinai.Tutti gli altri sono stati dei custodi della Torah che hanno svolto il compito di richiamare il popolo ebraico al puntuale rispetto della Legge.

I "profeti" erano garanti della parola divina e stimolatori della moralità politica e dell'etica pubblica e individuale.Il Profeta è un mediatore umano della rivelazione divina,non colui che anticipa il futuro,ma chi "parla per conto di", oggi diremo "portavoce",la "bocca di Dio".

Erano delle interfacce della presenza divina nel vissuto quotidiano,il tramite privilegiato della conoscenza della parola e della volontà di Dio.
Il nabì è un "annunciatore" biblico, non un conoscitore anzitempo degli eventi futuri.Il "profeta" in realtà non sapeva ciò che Dio avrebbe veramente fatto l'indomani,la settimana successiva o nel corso dell'anno.
Il futuro,non viene mai annunciato sotto forma di previsione certa ,ma come "alternativa condizionata" che pone gli ascoltatori davanti ad una libera scelta morale.La profezia non viene considerata come un "annuncio immutabile".

Dio,invia Giona a profetizzare agli abitanti di Ninive la prossima distruzione della città.Ma dinnazi al loro sacro sconcerto e pentimento, Dio si pente a sua volta del male che aveva minacciato di fare loro,e non lo fece,suscitando lo sdegno di Giona poichè, Dio "smentisce" la sua stessa profezia.

Ciò,commenta il Talmud, sta ad indicare,come la profezia non deve necessariamente avverarsi.

Spesso alla missione profetica era associata la guarigione dei malati,come ad esempio nel caso di Eliseo,che guarisce il generale arameo Naaman dalla lebbra(2 Re: 5,8-16) e di Elia che riporta in vita il figlio morto della vedova di Sarepta (1Re: 17,17-24)

Un certo numero di "profeti" si consacra con grande impegno nell'attività missionaria,come ad esempio Geremia che invia i suoi messageri in mezzo ai pagani 500 anni prima di Paolo.


E poichè nella concezione del mondo dell'ebraismo Dio e l'uomo sono "partner" nell'azione salvifica tesa al miglioramento del mondo,anche la creatura può contraddire il suo Creatore,può muovergli dei rimproveri,può protestare sino a rasentare la ribellione.
Così Adamo discute animamente con Dio a proposito di Sodoma e Gomorra(Genesi: 32,23ss); Geremia litiga con il suo Dio(Ger: 12,1-2)e Abuc addirittura lo rimprova(Ab:1,1-3)


Ma il compito principale dei "profeti" era soprattutto quello di condurre al Dio dei padri,un appello ad abbandonare l'idolatria delle cose.Questo grido poteva assumere diverse forme:lamentazione,brutale ammonimento, minaccia apocalittica ma, anche condizionata promessa di salvezza.

Per gli ebrei,senza profeti,non ci sarebbe la Torah,senza la Torah non ci sarebbe Israele.

Per leggere i "profeti",insegnano i saggi di Israele,bisogna rispettare un criterio di cautela,che è indispensabile per non incorrere in madornali errori.Occorre porre molta attenzione al contesto storico in cui un profeta parla per individuare i nessi temporali a cui si riferisce,evitando di trarre conclusioni affrettate e del tutto fuorvianti,o intravedere improbabili profezie.

Più che mai va rispettato un rigoroso criterio filologico a partire da il "testo ebraico",come pure va utilizzato il complesso dei commenti che sono stati proposti per evitare di avere una visione parziale dello stesso.

Non a caso,come vediamo nei testi di Qumram,solo autoproclamandosi portatore di una nuova interpretazione dei profeti,il "maestro di giustizia" poteva rivendicare per i membri della sua comunità un ruolo del tutto originale che si allontanava dalla tradizione sino ad allora seguita dal popolo ebraico.

...

[Modificato da Topsy 06/01/2005 13.49]

eliysciuah
00giovedì 17 febbraio 2005 17:06
OBADIA - Profeti posteriori -
la storiografia è tratta dalla Bibbia ebraica a cura di Rav Dario Disegni.

Obadia fa parte dei 12 profeti minori, ma non per questo si deve ritenere tale, la minoranza e la maggiornaza, nella scrittura sacra è derivata dal numero di versetti che il profeta ha proferito. questo non vale sempre, ma è una delle ragioni per la quale i talmudisti pensano: " se fosse stato maggiore, di certo D-o gli avrebbe tramandato un maggior numero di versetti".

comunque di questo profeta non si possiedono notizie, né intorno al luogo, né intorno al tempo, né intorno alla famiglia. Una tradizione antica lo identifica con un certo Obadia, uomo pio e appartenente alla cerchia di Eliya, di cui si fa cenno in I Re 18, 23 e segg. Sempre secondo questa tradizione, il profeta sarebbe stato un idumeo convertitosi all'Ebraismo.

Secondo, invece, alcuni critici, i vv. 15-21, nei quali viene descritto l'atteggiamento degli Idumei durante la caduta di Gerusalemme, indicherebbero abbastanza chiaramente come egli sia vissuto nel periodo della distruzione (586 a.E.V.) e fosse pertanto contemporaneo di Geremia.

I 21 versi che compongono il libro costituiscono un unica profezia contro il popolo di Edom, il quale, in conseguenza dell'odio e della malvagità mostrati contro Israele, verrà completamente annientato. I vv. 1-8 si trovano anche con lievi differenze in Ger. 49, 7-16.
MauriF
00sabato 26 febbraio 2005 09:07
Re:

Scritto da: Topsy 19/12/2004 18.43
Ho aperto questo nuovo 3d sul "profetismo" presso l'ebraismo,in cui inserire le nostre considerazioni,a riguardo.Intendevo illustrare quale importanza abbiano avuto i profeti nella storia di Israele,quale fosse il loro compito, e la funzione assegnata alla profezia.
Un salutone.




In che cosa consiste l'originario ufficio profetico dell'antico Israele?

Mosè è considerato il più grande dei "profeti",il profeta per eccellenza,da cui Israele ha ricevuto la rivelazione del Sinai.Tutti gli altri sono stati dei custodi della Torah che hanno svolto il compito di richiamare il popolo ebraico al puntuale rispetto della Legge.

I "profeti" erano garanti della parola divina e stimolatori della moralità politica e dell'etica pubblica e individuale.Il Profeta è un mediatore umano della rivelazione divina,non colui che anticipa il futuro,ma chi "parla per conto di", oggi diremo "portavoce",la "bocca di Dio".

Erano delle interfacce della presenza divina nel vissuto quotidiano,il tramite privilegiato della conoscenza della parola e della volontà di Dio.
Il nabì è un "annunciatore" biblico, non un conoscitore anzitempo degli eventi futuri.Il "profeta" in realtà non sapeva ciò che Dio avrebbe veramente fatto l'indomani,la settimana successiva o nel corso dell'anno.
Il futuro,non viene mai annunciato sotto forma di previsione certa ,ma come "alternativa condizionata" che pone gli ascoltatori davanti ad una libera scelta morale.La profezia non viene considerata come un "annuncio immutabile".

Dio,invia Giona a profetizzare agli abitanti di Ninive la prossima distruzione della città.Ma dinnazi al loro sacro sconcerto e pentimento, Dio si pente a sua volta del male che aveva minacciato di fare loro,e non lo fece,suscitando lo sdegno di Giona poichè, Dio "smentisce" la sua stessa profezia.

Ciò,commenta il Talmud, sta ad indicare,come la profezia non deve necessariamente avverarsi.

Spesso alla missione profetica era associata la guarigione dei malati,come ad esempio nel caso di Eliseo,che guarisce il generale arameo Naaman dalla lebbra(2 Re: 5,8-16) e di Elia che riporta in vita il figlio morto della vedova di Sarepta (1Re: 17,17-24)

Un certo numero di "profeti" si consacra con grande impegno nell'attività missionaria,come ad esempio Geremia che invia i suoi messageri in mezzo ai pagani 500 anni prima di Paolo.


E poichè nella concezione del mondo dell'ebraismo Dio e l'uomo sono "partner" nell'azione salvifica tesa al miglioramento del mondo,anche la creatura può contraddire il suo Creatore,può muovergli dei rimproveri,può protestare sino a rasentare la ribellione.
Così Adamo discute animamente con Dio a proposito di Sodoma e Gomorra(Genesi: 32,23ss); Geremia litiga con il suo Dio(Ger: 12,1-2)e Abuc addirittura lo rimprova(Ab:1,1-3)


Ma il compito principale dei "profeti" era soprattutto quello di condurre al Dio dei padri,un appello ad abbandonare l'idolatria delle cose.Questo grido poteva assumere diverse forme:lamentazione,brutale ammonimento, minaccia apocalittica ma, anche condizionata promessa di salvezza.

Per gli ebrei,senza profeti,non ci sarebbe la Torah,senza la Torah non ci sarebbe Israele.

Per leggere i "profeti",insegnano i saggi di Israele,bisogna rispettare un criterio di cautela,che è indispensabile per non incorrere in madornali errori.Occorre porre molta attenzione al contesto storico in cui un profeta parla per individuare i nessi temporali a cui si riferisce,evitando di trarre conclusioni affrettate e del tutto fuorvianti,o intravedere improbabili profezie.

Più che mai va rispettato un rigoroso criterio filologico a partire da il "testo ebraico",come pure va utilizzato il complesso dei commenti che sono stati proposti per evitare di avere una visione parziale dello stesso.

Non a caso,come vediamo nei testi di Qumram,solo autoproclamandosi portatore di una nuova interpretazione dei profeti,il "maestro di giustizia" poteva rivendicare per i membri della sua comunità un ruolo del tutto originale che si allontanava dalla tradizione sino ad allora seguita dal popolo ebraico.

...

[Modificato da Topsy 06/01/2005 13.49]




Vedi Topsy, io sono d'accordo solo in parte con questo.
Dico ciò perchè quasi tutto l'AT è una presentazione a quello che è stato l'evento degli eventi.
La venuta del Messia.

C'è una verità immutabile che avverrà in ogni caso e poi ci sono progetti di Dio che dipendono dalla scelta degli uomini.
Gli esempi che ti faccio sono:

1)Verità immutabile ed inevitabile: venuta del Messia.
Predizioni di Gesù Cristo sulla distruzione di Gerusalemme.
Parusia, venuta del Regno di Dio, Giudizio Universale....
2)Verità mutabile: l'esempio che hai fatto di Ninive e che, io ti faccio adesso...
Della capitolazione dell'URSS, della fine della guerra in Bosnia, delle due guerre mondiali...

E' un grave errore, secondo me, il non riuscire a vedere un avvertimento nelle profezie...una pre-visione del futuro, mutabile o immutabile a seconda dell'oggetto della previsione.

E' corretta la visione del Talmud quando si riferisce alle verità mutabili dal comportamento dell'uomo...
Ma sbaglia quando si riferisce alla previsione di eventi immutabili.

Ciao
Mauri
Topsy
00domenica 3 aprile 2005 16:04
Maurif scrive:
Vedi Topsy, io sono d'accordo solo in parte con questo.
Dico ciò perchè quasi tutto l'AT è una presentazione a quello che è stato l'evento degli eventi.
La venuta del Messia.


Caro Maurif,questo è il pensiero dei cristiani,di cui abbiamo più volte discusso ma, non è lo stesso per gli ebrei.L'Antico Testamento,non è "Antico" per gli ebrei,e non è neppure propriamente un "Testamento".Non è un testo che assolta la sua funzione profetica va declassato a "raccolta di predizioni riguardanti il messia".
Il cristianesimo è una religione messianica,l'ebraismo no.
La fede messianica resta senz'altro un fattore non trascurabile dell'ebraismo,ma ha sempre prevalso un certo pragmatismo organizzativo,dal momento che la vita quotidiana rimane pressochè immutata.
Per il popolo ebraico quello che i cristiani chiamano "Antico Testamento" è semplicemente "Torah",ovvero "l'ammaestramento divino",atta a promuovere un ethos umano e la giustizia sociale,essa è stata donata ed è qualcosa di cui si può godere giorno per giorno.



C'è una verità immutabile che avverrà in ogni caso e poi ci sono progetti di Dio che dipendono dalla scelta degli uomini.


Esiste, per il pensiero ebraico,"la promessa",l'avvento messianico alla fine dei tempi, a cui sono conseguetemente collegate alcune importanti profezie messianiche.Questa promessa è uno dei principi fondamentali della fede ebraica.
Quando ciò avverà?
Avverrà a suo tempo,in una data prefissata(promessa incondizionata),sebbene quest'ultima "potrà"(alternativa condizionata) essere affrettata (Isaia 60, 22).
Esistono poi le profezie di sventura e di dolore,annunciate dai profeti riguardanti il futuro che non vengono mai annunciate sotto forma di previsione certa,ma come alternativa condizionata(dagli uomini).



E' corretta la visione del Talmud quando si riferisce alle verità mutabili dal comportamento dell'uomo...
Ma sbaglia quando si riferisce alla previsione di eventi immutabili.



La "visione" dei saggi del Talmud con ogni probabilità è "diversa" da quella cristiana.
Erev Tov
Teo60
00domenica 3 aprile 2005 20:56
Re: Re:

Scritto da: MauriF 26/02/2005 9.07
E' un grave errore, secondo me, il non riuscire a vedere un avvertimento nelle profezie...una pre-visione del futuro, mutabile o immutabile a seconda dell'oggetto della previsione.
Ciao
Mauri



Ciao Mauri, prima di riuscire a vedere un avvertimento per il futuro (molto futuro per i profeti dell'antico israele) bisogna pensare a quale era il compito principale della profezia Ebraica. Il loro compito è stato sempre quello di richiamare il popolo, il re e i sacerdoti all'osservanza dell'Alleanza con D-o. Ognivolta che sorgeva un profeta in Israele era perchè il popolo si stava allontanando da tale alleanza.
Se poi si leggono bene le scritture si nota che una delle caratteristiche che doveva avere un vero profeta era, tra le altre, il verificarsi a breve della sua profezia altrimenti sarebbero stati additati come falsi profeti.
Altra nota importante è il termine Nabi' di discussa provenienza etimologica, che fu tradotto in greco con "profetes"(che parla in luogo di un altro),e dall'uso che generalmente se ne fa. Il profeta non è un veggente, uno che legge il futuro come lo si può intendere oggi ma una persona che ispirata da D-o, parla al popolo per comunicargli il volere di D-o.
Voler vedere negli scritti dei profeti avvenimenti che riguardano tempi ad essi lontanissimi è solo uno sforzo esegetico teso ad avvalorare tesi che non erano nelle intenzioni di chi quelle profezie ha pronunciato.
Shalom
MauriF
00martedì 26 aprile 2005 00:20
Re: Re: Re:

Scritto da: Teo60 03/04/2005 20.56


Voler vedere negli scritti dei profeti avvenimenti che riguardano tempi ad essi lontanissimi è solo uno sforzo esegetico teso ad avvalorare tesi che non erano nelle intenzioni di chi quelle profezie ha pronunciato.
Shalom



Per il resto recepisco il messaggio...ho capito che come viene inteso il profetismo dal punti di vista Ebraico.

Quest'ultima tua affermazione, invece, la vedo come assolutamente come una presa di posizione priva di fondamento.
Soprattutto questo:
tesi che non erano nelle intenzioni di chi quelle profezie ha pronunciato

Le intenzioni sono di Dio e non dei profeti.

Riguardo allo "sforzo esegetico"...è uno sforzo alquanto esile...
330 profezie che si avverano in Gesù Cristo.
Alcune in maniera estremamente chiara.

Credo che lo sforzo maggiore sia quello che vede l'esegeta a cercare di evitare il fatto che 330 profezie si siano realizzate nella Persona di Gesù Cristo.

Ad avvalorare questa mia tesi, molte volte ed in casi a volte eclatanti, l'esegeta non è riuscito a fare questo sforzo.

x Topsy,

Io non ho ridotto l'Antico Testamento (io lo chiamo così [SM=g27988] ) a profezie rivolte alla prima venuta di Gesù Cristo...
Ma una gran parte dei Profeti incentrano le loro profezie su Gesù Cristo.
E non è uno "sminuire" l'Antico Testamento...perchè Dio che si fa uomo e viene a salvarci e redimerci è il momento cruciale della storia dell'universo...assieme alla ricapitolazione di tutte le creature in Gesù Cristo nel momento della Parusia, che tu hai citato con Isaia.

La declassazione che vedi tu nella visione cristiana delle profezie, in realtà è "gloria di Dio che si è verificata nella storia dell'universo".

L'Antico Testamento non è "per voi una cosa" e "per noi un'altra"...
E' sempre la stessa cosa.
Può essere mal'interpretata od interpretata correttamente.
La Verità è una sola.

E non ho detto che l'Antico Testamento per i cristiani è esclusivamente "i Profeti"...
E' anche la Legge...legge che riconosciamo anche noi.
Assieme al completamento che è Gesù Cristo...Verbo di Dio fattosi carne.
Topsy
00martedì 26 aprile 2005 01:36
Maurif sei tu che hai scritto:"...quasi tutto l'AT è una presentazione a quello che è stato l'evento degli eventi.La venuta del Messia.


Ebbene la Torah non è questo,non è la preparazione dell'evento messia è un testo legislativo,di morale,e religioso...ha valore di per sè indipendentemente se Gesù era o non era il messia.Indipendentemente se il messia sarà uno o due.
La torah non è un testo "messianico",che esaurisce la sua funzione nella preparazione alla venuta del messia.Per cui il profetismo non è la predizione di Gesù,ma il "richiamo" di D_o all'osservanza della Torah stessa,la Legge.Quella Legge che Gesù stesso chiamava ad osservare come hanno fatto tutti i grandi maestri e i profeti di Israele.Quando parli di profetismo non puoi mettere a tacere,secondo te,chiunque indichi dalla studio della Torah e dalla profezia biblica ben altro che le predizione su Gesù!
Le 330 profezie messianiche a cui ti richiami spesso,sono adattamenti del testo biblico compiuti attraverso il ricorso dei midrashim.Una tecnica assai nota nel mondo giudaico.

La tua fede ti impedisce di investigare il testo e la cultura che l'ha prodotta,con senso critico,e una certa dose flessibilità?Per molti cattolici, studiosi di cristianesimo( non catechisti)questa sorta di "irremovibile" presa di posizione è stata da lungo tempo abbandonata;hai alla mente Mons.Gianfranco Ravasi? Mai letto il suo articolo sulla interpretazione tipologia del Nuovo Testamento?Ebbene egli si premura di dire una cosa ovvia per gli Ebrei, meno per alcuni Cristiani,: l'interpretazione tipologica(quella che cerca di leggere nella Bibbia ebraica la prefigurazione della missione di Gesù) è una FORZATURA del senso letterale del testo! :->


[Modificato da Topsy 26/04/2005 1.39]

mioooo
00martedì 4 aprile 2006 09:59
Ho trovato girovagando in Rete uno scritto in formato Pdf che allego che tratta sulla questione dei Profeti se esistono ancora e se potranno esistere nel futuro e credo che sia interessante perchè affronta in modo biblico il pensiero o la questione ...

File allegato

[Modificato da mioooo 04/04/2006 10.01]

mioooo
00domenica 9 aprile 2006 22:06
Quando si parla di profeti, pensiamo subito ai profeti di Israele. Tuttavia esistono profeti nelle diverse parti del mondo religioso, un tempo come adesso.
Sulle prime manifestazioni di questo carisma in Israele si fanno solo congetture, perche' le origini sono oscure.
Gli Ebrei con il loro nomadismo avevano appreso dai popoli vicini le tecniche elementari di divinazione, il gusto dell'estasi, il senso del contenuto prezioso dei sogni, ecc.

Samuele e' stato un giudice ma la tradizione biblica ha visto in lui soprattutto un profeta, anzi il primo dei profeti.
La vocazione di Elia e' di affermare la fede esclusiva e morale degli antenati nel Dio unico, davanti al rischio del sincretismo religioso.
Il profeta biblico si sente inserito nel corso di una storia; partendo da tutto cio' che gli ha suggerito il passato, puo' portare un giudizio valido sul presente, e preannunciare le caratteristiche del futuro.
Il profeta negli avvenimenti mette in evidenza le tracce di Dio che si rivela.
Egli è il suo confidente, il suo messaggero, lasciando da parte tutto cio' che non è assoluto della sua Parola, tutto ciò che è esclusivamente interesse umano.
Il profeta non si sforza di perdersi in Dio, non cerca lui l'estasi, ma pur trovandosi in quello stato resta intimamente legato alle situazioni politiche e sociali del suo mondo.
Egli si caratterizza per il "messaggio". L'estasi non e' il fatto centrale.
Cosi' all'elemento umano, debole e pauroso, si sovrappone l'elemento divino con tutta la sua grandiosita'. La rivelazione divina e' presentata come una esigenza da esprimere in modo irresistibile (Ger 20,7-9; Amos 3,3-[SM=g27989] e accompagnata da una certezza (Ger 15,19) che non si smentisce davanti alla morte (Ger 26,12ss).
Una tale coscienza suppone un fondo di intimita' e di comunione fra Dio e il profeta.
Il profeta propriamente detto e' un uomo che ha conosciuto Dio nell'immediatezza dell'esperienza, che si e' sentito invincibilmente costretto ad esprimere cio' che, nella sua convinzione profonda, era la Parola divina; un uomo la cui parola era in fondo una rivelazione della natura e della volonta' di Dio, che ha visto lo scopo inevitabile di questa vita, che per cio' l'ha dichiarato invitando gli uomini alla purificazione e al rinnovamento.
Gli oracoli sono delle dichiarazioni solenni fatte in nome di Dio: un fatto lieto o grave che deve verificarsi in un avvenire prossimo o lontano (Ger 19,11; 28,16).
Le azioni simboliche: alla parola gia' efficace per suo conto, i profeti aggiungono dei gesti suggestivi, degli atti simbolici (cf. Ger 18,1). C'e' nel profeta la convinzione di un legame cosi' stretto fra il segno e il suo significato, fra la parola "gestuata" del profeta e il piano di Dio che essa esprime, che l'atto simbolico, una volta compiuto non puo' non produrre il compimento della realta'.
Quando i profeti intervengono e' con la certezza che tutti i problemi non possono essere risolti indipendentemente dal disegno di Dio (Amos 3,7), dal suo consiglio (Is 19,22).
Essi incarnano con la loro vita cio' che annunciano.
Justee
00sabato 10 febbraio 2007 09:10
Re:

Scritto da: mioooo 09/04/2006 22.06
Quando si parla di profeti, pensiamo subito ai profeti di Israele. Tuttavia esistono profeti nelle diverse parti del mondo religioso, un tempo come adesso.
Sulle prime manifestazioni di questo carisma in Israele si fanno solo congetture, perche' le origini sono oscure.
Gli Ebrei con il loro nomadismo avevano appreso dai popoli vicini le tecniche elementari di divinazione, il gusto dell'estasi, il senso del contenuto prezioso dei sogni, ecc.

Samuele e' stato un giudice ma la tradizione biblica ha visto in lui soprattutto un profeta, anzi il primo dei profeti.
La vocazione di Elia e' di affermare la fede esclusiva e morale degli antenati nel Dio unico, davanti al rischio del sincretismo religioso.
Il profeta biblico si sente inserito nel corso di una storia; partendo da tutto cio' che gli ha suggerito il passato, puo' portare un giudizio valido sul presente, e preannunciare le caratteristiche del futuro.
Il profeta negli avvenimenti mette in evidenza le tracce di Dio che si rivela.
Egli è il suo confidente, il suo messaggero, lasciando da parte tutto cio' che non è assoluto della sua Parola, tutto ciò che è esclusivamente interesse umano.
Il profeta non si sforza di perdersi in Dio, non cerca lui l'estasi, ma pur trovandosi in quello stato resta intimamente legato alle situazioni politiche e sociali del suo mondo.
Egli si caratterizza per il "messaggio". L'estasi non e' il fatto centrale.
Cosi' all'elemento umano, debole e pauroso, si sovrappone l'elemento divino con tutta la sua grandiosita'. La rivelazione divina e' presentata come una esigenza da esprimere in modo irresistibile (Ger 20,7-9; Amos 3,3-[SM=g27989] e accompagnata da una certezza (Ger 15,19) che non si smentisce davanti alla morte (Ger 26,12ss).
Una tale coscienza suppone un fondo di intimita' e di comunione fra Dio e il profeta.
Il profeta propriamente detto e' un uomo che ha conosciuto Dio nell'immediatezza dell'esperienza, che si e' sentito invincibilmente costretto ad esprimere cio' che, nella sua convinzione profonda, era la Parola divina; un uomo la cui parola era in fondo una rivelazione della natura e della volonta' di Dio, che ha visto lo scopo inevitabile di questa vita, che per cio' l'ha dichiarato invitando gli uomini alla purificazione e al rinnovamento.
Gli oracoli sono delle dichiarazioni solenni fatte in nome di Dio: un fatto lieto o grave che deve verificarsi in un avvenire prossimo o lontano (Ger 19,11; 28,16).
Le azioni simboliche: alla parola gia' efficace per suo conto, i profeti aggiungono dei gesti suggestivi, degli atti simbolici (cf. Ger 18,1). C'e' nel profeta la convinzione di un legame cosi' stretto fra il segno e il suo significato, fra la parola "gestuata" del profeta e il piano di Dio che essa esprime, che l'atto simbolico, una volta compiuto non puo' non produrre il compimento della realta'.
Quando i profeti intervengono e' con la certezza che tutti i problemi non possono essere risolti indipendentemente dal disegno di Dio (Amos 3,7), dal suo consiglio (Is 19,22).
Essi incarnano con la loro vita cio' che annunciano.



Mi viene da aggiungere una nota ... nel libro di Zaccaria ad un certo punto Dio dice basta ai profeti , infatti se qualcuno si erge profeta verra messo a amorte e invece dovra dire io sono un lavoratore della terra..strana questa cosa
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 18:00.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com