Il Mar Mediterraneo è vicino al collasso: lo sfruttamento eccessivo delle risorse ittiche, le spadare, il ranching dei tonni, l'inquinamento e gli impatti dei cambiamenti climatici sono solo alcuni fattori di una crisi sempre più profonda e preoccupante. Greenpeace ha presentato un rapporto per chiedere di istituire, all'interno del Mediterraneo, un network di 32 riserve marine a tutela di uno degli ecosistemi più fragili del pianeta. La conferenza stampa si è tenuta a bordo della Rainbow Warrior ormeggiata nel porto di Genova.
Negli ultimi anni, Greepeace ha identificato quattro campagne prioritarie da cui derivano i destini dell'ambiente: la minaccia di sostanze tossiche, la minaccia nucleare, la biodiversità in pericolo e le minacce atmosferiche. Il mondo è ancorato ai suoi modelli di sviluppo, il protocollo di Kyoto una debole risposta all'inquinamento atmosferico, ma nonostante questo Greenpeace fa sentire la sua voce ogniqualvolta venga identificata una minaccia all'ecosistema.
Greenpeace è nata 31 anni fa, creata da tre uomini che, rifacendosi alla tradizione protestante di portare la testimonianza, cercarono insieme ad altri di condurre una piccola barca in un poligono per gli esperimenti nucleari e in questo modo crearono quello che sarebbe diventato uno dei più grandi movimenti ambientalisti del mondo.
Da allora di acqua ne è passata sotto i ponti di Greenpeace. Dagli esperimenti nucleari americani nelle Isole Aleutine del 1969, a quelli francesi a Mururoa nel Pacifico meridionale, l'organizzazione ambientalista ha sempre portato la propria testimonianza.
Nel 1975 la campagna più famosa, quella per salvare le balene che diede massima notorietà all'Associazione, specie per la presenza della nave Rainbow Warrior nei luoghi caldi del pianeta.
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