Dialogo muto

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Versolibero
00lunedì 4 gennaio 2010 02:53
Dialogo muto








un albero,
dai rami appendi-buio,
ragnetti appesi ai fili
a dondolare,
la luna, piccola,
a reggere il suo cielo
e lei, a sporgersi
bianca
al davanzale.

E poi l’interno, simile a un ritiro,
lingue di fuoco, abbagli sopra i muri,
il tavolo,
geometrico e sicuro
e sul quaderno
il bianco della neve,
la penna,
proiettile di parole,
la punta sorda
schizzata contro il vetro

a spaccare la nobiltà
del silenzio d’autore,

e tu, cento anni più in là,
immemore di essere suo padre,
gentile con il resto del mondo,
ligio giudice
dentro un tribunale,
a sera giochi d’azzardo
all’amore,
metti in palio
un cuore bastardo








Rosanna
OCEANOINFIAMME
00mercoledì 6 gennaio 2010 18:13
Re:
Versolibero, 04/01/2010 2.53:

Dialogo muto


e sul quaderno
il bianco della neve,
la penna,
proiettile di parole,
la punta sorda
schizzata contro il vetro

a spaccare la nobiltà
del silenzio d’autore,

e tu, cento anni più in là,
immemore di essere suo padre,
gentile con il resto del mondo,
ligio giudice
dentro un tribunale,
a sera giochi d’azzardo
all’amore,
metti in palio
un cuore bastardo



Rosanna



La poeia la "sento nel suo totale Rosanna, anche se le parti che riporto, e sopratutto quelle in evidenza, mi rombombano dentro, ma non riesco ad andare oltre le righe, a leggre tra di esse il significato profondo della poesia, mi sa che sto invecchiando.

[SM=g7348]

Carmè







Versolibero
00venerdì 8 gennaio 2010 23:16
Re: Re:
OCEANOINFIAMME, 06/01/2010 18.13:



La poeia la "sento nel suo totale Rosanna, anche se le parti che riporto, e sopratutto quelle in evidenza, mi rombombano dentro, ma non riesco ad andare oltre le righe, a leggre tra di esse il significato profondo della poesia, mi sa che sto invecchiando.

[SM=g7348]

Carmè



Carmè non c'è molto da cercare fra le righe, spero si capisca che non è autobiografica: immagino una ragazza che in un primo momento guarda all'esterno e sente il suo isolamento, mentre osserva le cose nella sua visuale sconsolata; successivamente, a "parlare" sono gli oggetti che la circondano dentro casa, tuttavia è un dialogo muto perché sente la mancanza di una figura paterna, di colui che l'ha messa al mondo ma non l'ha cresciuta, anzi, l'ha abbandonata da piccola, e, come se nulla fosse, vive la sua vita dalla duplice facciata... però la sua brillante carriera di giudice è solo un alibi per sentirsi un signore ineccepibile; ma fino a quando potrà non sentire quel morso nella carne e dentro l'anima, per aver abbandonato sua figlia in tenera età?

Ecco, con queste righe volevo evocare una storia del genere, non comune ma neanche rara, conflittuale se si considera che il giudice più implacabile è la propria coscienza.


Ciao,
grazie per il rim-bom-ba-men-to dei versi scelti

[SM=g6392] [SM=g6392]





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