David Maria Turoldo ''Sposato hai una pena''

animhatua
00mercoledì 16 marzo 2005 02:07
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"David

Maria Turoldo (1916-1992) sacerdote, frate dei Servi di

Maria. Dopo la laurea in filosofia, visse quindici anni

presso i Padri di San Carlo, partecipando alla

Resistenza con il gruppo de "L'Uomo" e tenendo

la predicazione domenicale in Duomo dal 1943 al 1953.

Alternò poi la sua dimora tra San Carlo al Corso 

a Milano e Fontanella, la frazione di Sotto il Monte,

dove diresse il Centro Studi Ecumenici Giovanni XXIII.













Sposato
hai una pena...






I miei ricordi di guerra. E il mio
sacerdozio nella guerra. Quando braccato dai fascisti
per una predica nel duomo di Milano: una predica
sull'aspirazione dell'uomo verso la luce. Era il vangelo
del cieco di Gerico che gridava verso il Cristo, perchè
gli usasse pietà. E Gesù che gli chiede: "Cosa
vuoi che ti faccia?". E il cieco a supplicarlo:
"Signore, che io veda...". E io lanciato, con
il vangelo in mano, dall'altare: proteso sulla folla
(che domeniche!) a dire, a urlare: "Signore, che
tutti vedano!". Che vedano i grandi e i fanciulli,
giovani e anziani... Che veda la Chiesa, che veda il
governo... Perchè se un cieco conduce un altro cieco...
Eravamo in piena guerra, in quell'interminabile e
assurda guerra.





Così, la porta della sacrestia del duomo è stata
piantonata. Ma un sacrista è venuto sull'altare a dirmi
di mettermi in salvo, a messa finita. Allora, mescolato
alla folla, sono uscito per una porta laterale e sono
corso verso la periferia a nascondermi presso una casa
di amici, attraversando la città sepolta nella calura
di luglio. E c'era gente, pochissima, come sono i
pomeriggi estivi e domenicali di Milano, sdraiata al
fresco nel parco. Poi, fra le macerie, i bambini che
giocavano, e un profumo acutissimo di tigli che riempiva
la casa...





Dove, appena entrato e saputa ogni cosa, gli amici -
tanto per incoraggiarmi - mi danno quello che hanno, in
attesa di prepararmi un po' di desinare. E mi offrono
una meravigliosa pesca. Ancora più meravigliosa perchè
eravamo in tempo di guerra; e io, così trafelato... Poi
quei bambini sulle macerie; e quel profumo di tigli; e
il mio stato d'animo: stanco per quella guerra che non
finiva mai.





Così, appena addentata la pesca, ecco che mi viene
ancora di cantare:





Senti che è di troppo



il sapore di una pesca



in questa povertà



di case diroccate;



Senti che non ti è lecito



provare questo dolciore



d'anima emigrata



dalla strada ferita



della tua umanità.



Sposato hai una pena



di non sentire mai



dolcezza alcuna



che non sia di tutti;



e ora ti seduce



questo languore di tigli,



e ora vorresti



andartene in pace



in quest'orlo di città,



in queste ghirlande



di bimbi e dimenticare.



...e il tuo sacerdozio



è un'oasi



ove essi hanno il diritto



d'approdare



dalle loro fatiche.













Ringrazio Luciano da Trento

per avermi fornito il testo di questa pagina, per altre poesie dell'autore:

David Maria Turoldo vedere quì





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